Garden center e industrie: quale rapporto?

Quello tra garden center e industrie è un rapporto spesso conflittuale, talvolta di amicizia miscelata ad opportunismo. Un rapporto che deve crescere e cambiare per sfruttare realmente le sinergie possibili verso una migliore relazione prodotto-consumatore. Ce ne parla Paolo Montagnini di Studio Montagnini.

Garden center e industrie: un rapporto da migliorare

di Paolo Montagnini

A volte mi sembra che il settore del gardening al dettaglio sia veramente “gattopardiano”: la prospettiva di crescita e cambiamento è sulla bocca di tutti e la volontà di intra-prendere nuove vie è dichiarata con vigore, ma in realtà “chi si adatta ai cambiamenti in atto, dando a vedere di apprezzarli e sostenerli, lo fa solo per poter conservare i propri privilegi o le proprie posizioni” (cit. vocabolario Treccani).

In ogni caso, sul tema del cambiamento il rapporto tra canale e fornitori è all’ordine del giorno e con discreta priorità. Nel settore il trade marketing in sé non è molto evoluto, ma quello che non si comprende è se l’industria non investa per il timore di risposte negative nel sell in oppure, dato che il canale non richiede altro che sconti, se si reputi meglio concentrare gli sforzi sull’extra 5% a fronte di un cartonaggio più o meno consistente. Se è pur vero, infatti, che l’industria potrebbe fare di meglio nelle attività di micro marketing e merchandising, è altrettanto vero che chi ha agito ha ricevuto in cambio poche risposte e una bassa sensibilità verso questi temi. Fare trade marketing non vuol dire solo rega-lare gli scaffali, e neanche ritirare la merce del concorrente: si è forse mai vista L’Oréal che ritira dagli scaffali della GD gli shampoo della P&G per vendere i suoi?

Obiettivo: vendere di più

In realtà il tema comune dovrebbe essere quello di vendere di più all’interno dell’area di vendita, lavorando sulle leve che meglio possono rispondere a questa necessità. Inizierei da un paio di punti fermi: da un lato ci sono industrie che hanno lavorato sul creare valore e fare trade marketing, anche bene, ma non hanno ottenuto risposte nella crescita della quota di mercato (market share) o nella maggiore fidelizzazione del cliente. Dall’altra ci sono punti vendita che vorrebbero contenuti di marketing evoluti, un display più autovendente e più fruibile, ma di fatto si sentono proporre solo sconti. Si crea quindi una reciproca insoddisfazione, una relazione più opportunistica e amicale che strategica: da un lato un mercato refrattario al cambiamento e dall’altro un fornitore poco propositivo.

Occorre una crescita sinergica in cui il fornitore aiuti a sviluppare il canale, che da parte sua potrebbe invece migliorare attraverso un associazionismo che crei nuovi modelli di business e faccia formazione.

Fondamentalmente si tratta di un problema di relazione fra canale e industria, che si traduce poi in un problema di relazione inefficace fra consumatore e prodotto. Resta il fatto che l’industria ha poco spazio per offrire altri sconti senza capitalizzare gli investimenti e il punto vendita deve urgentemente migliorare la propria efficienza. Warren G. Bennis, nel suo libro Come si diventa leader, afferma: “Se continui a fare quello che hai sempre fatto, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre avuto”.

garden center e industrieLe domande giuste da porsi

Partiamo quindi dal presupposto che occorre realmente cambiare qualcosa. Seminare innovazione sembra ragionevolmente difficile: c’è poco scambio con altri settori e ci si racconta sempre le stesse cose. Si scopiazza a destra e a manca senza considerare il consumatore e le attività dei competitor. Mancano lo spirito critico e la volontà di porsi le domande giuste: quello che sto facendo mi porterà al garden del domani? E come dovrà essere il garden fra 10 anni, dato che devo iniziare a pensarlo ora? Come si può uscire dalla sopravvivenza?

Oggi il focus della competizione non è sulla produttività ma sulla scenografia, sul chi fa le cose più belle e più in grande. Su chi mette più bambagia o più luci nel reparto Natale senza chiedersi se sia un fattore di valore per il cliente e una condizione di crescita. L’esperenzialità serve, ma non è un’area di miglioramento, poiché in quest’ambito diventare più bravi è molto difficile e forse si tratta, ormai, di un modello superato.

Riguardo all’innovazione, so per esperienza che qualsiasi proposta innovativa incontra non poche resistenze, condizione che sfinisce aziende e reti vendita. Le obiezioni tipiche sono “questo l’ho già fatto”, “da noi questo articolo non si vende”, “è troppo caro, qui il cliente cerca un prezzo basso”.

Non mancano poi nel settore le bufale che enunciano attività fantasmagoriche, ovviamente non verificabili e in totale assenza di dati certi: “per vendere i barbecue occorre avere almeno 250 mq”, “quel tale scaffale ti raddoppia le vendite”, “quel marchio gira il doppio degli altri”. Ci si affida all’illusione, al sentito dire, al non verificabile e alla speranza. Allo stesso tempo, però, passano inosservate le reali rotture di stock a scaffale, non preoccupa che una certa categoria sia “spalmata” in 5 punti diversi diventando di fatto invisibile, non disturba la totale assenza di cross selling e si tollera una qualità del verde che non proporrebbero neanche i discount.

Ma se siamo in condizioni di sopravvivenza e continuiamo a fare le stesse cose, come possiamo pensare di sovvertire le tendenze in atto?

Parola d’ordine: innovazione

La sinergia fra industria e canale deve partire dal presupposto che ci sono punti vendita fidelizzabili e non solo sensibili al prezzo, che ci sono fornitori in grado di creare valore ed efficienza nella gestione del prodotto all’interno dell’area di vendita. Ci si deve preoccupare insieme di cosa accade al prodotto dopo che è entrato nel magazzino. Occorre definire le regole, lavorare sui dettagli in maniera continuativa, avere rispetto per il consumatore, dotarsi di nuove competenze più complesse e che richiedono un diverso modello organizzativo e di governo dell’area di vendita. La qualità del punto vendita deve crescere.

garden center e industrieIl fornitore deve proporre progetti specifici, motivati anche da numeri e concetti teorici, e il dettagliante, dati alla mano e con spirito critico positivo, deve creare le condizioni di cambiamento iniziando a proporre un nuovo modello, un nuovo valore al consumatore.

È necessario impostare la relazione con il canale e il consumatore sull’innovazione: di prodotto, di modello di vendita, di comunicazione. Serve un’area di vendita più leggibile, più veloce da visitare. Oggi, aumentare la quota di mercato intensificando la comunicazione tradizionale è costoso e ragionevolmente poco efficace, poco differenziante. L’industria deve puntare sugli innovatori, sugli adottatori precoci, che devono diventare il fulcro del passaparola come elemento di comunicazione e diffusione mirato all’interno del canale. E lo stesso vale per il punto vendita con i suoi consumatori: si deve puntare su innovazione e originalità del messaggio. Il messaggio virale può diventare elemento di propagazione di contenuti innovativi e personali. Il valore va erogato tutto ed efficacemente all’inizio della proposta di innovazione.

Vinceranno le aziende che pianificano azioni straordinarie, che si avvicinano al consumatore lavorando in partnership con i canali di vendita, che sapranno immaginare un nuovo modo di progettare questa relazione.

Il cliente è un bene a cui dedicare risorse in maniera personalizzata, per costruire un rapporto basato sul suo stile di vita e, in questo modo, fidelizzare. Questo processo deve iniziare velocemente e va portato avanti, possibilmente insieme.

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