mercoledì, Maggio 1, 2024

La crisi dei centri commerciali nel 2018

Dopo anni di crescita, il 2018 segna la crisi dei centri commerciali: sono state 10 le chiusure del 2018 e anche quelli aperti non stanno bene. Tra le chiusure più importanti ricordiamo Verola Center a Brescia, Dima di Emilia Levante, Il Fare a Gallarate, Orceana Park a Orzinuovi e Il Castello Shopping Center di Canelli.

Sono 948 i centri commerciali attivi in Italia (rispetto ai 947 del 2017, con 10 chiusure e 9 aperture), cui vanno aggiunti 180 retail park (erano 172) e 30 outlet (erano 31): numeri dell’Osservatorio Confimprese-Reno presentata lo scorso 12 ottobre. Un totale di 1.158 strutture con 79 progetti entro il 2022, di cui 38 centri commerciali.

La crisi dei centri commerciali: le chiusure domenicali

“Nel tempo il retail è diventato autoreferenziale – ha spiegato Gian Enrico Buso, partner di Reno – ed è prevalsa un’omologazione dell’offerta a livello globale in nome del primato dei volumi. L’online è un fenomeno inesorabile, un’alternativa di consumo anche se l’Italia sconta un ritardo rispetto alle economie anglosassoni. In Uk gli shopper online sono l’80%, negli Usa il 78% e in Italia il 35%. È stata la tecnologia che ha rimesso al centro l’individuo e si è rivolta direttamente ai singoli che sono al centro del proprio sistema decisionale: il mantra è diventato tutto e subito, qui e ora, e l’aspettativa si è alzata”.

Mario Resca, presidente Confimprese, ha lanciato anche un allarme per il provvedimento sulle chiusure domenicali: “Il vero problema oggi è il pericolo di dover tornare alla chiusura dei negozi la domenica e nei giorni festivi. A rischio ci sono 150.000 posti di lavoro e una perdita di fatturato per il settore retail del 12%. Oltre a mortificare i consumi, si scoraggerebbero gli investimenti nel retail, settore immobiliare incluso. Chiudendo la domenica, quando i consumatori e le famiglie hanno tempo libero, si vanificherebbe lo sforzo dell’industria dei centri commerciali di ripensarsi per diventare sempre più luoghi di aggregazione, e non solo di consumo, e contrastare così l’avanzata dell’e-commerce”.

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