Problemi fitosanitari sui fiori recisi: Federfiori lancia l’allarme alla Camera

Mancati controlli fitosanitari sui fiori recisi, eccesso di sommerso, mancanza di standardizzazione: Federfiori ha lanciato una serie di allarmi importanti in sede istituzionale. E non manca una stoccata anche contro i centri giardinaggio.

Come tutti sappiamo, dallo scorso novembre si stanno tenendo nella Commissione Agricoltura della Camera le audizioni delle associazioni di categoria in merito al Disegno di Legge “Disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività del settore florovivaistico”, il cosiddetto Ddl Luini dal nome del primo firmatario. Lo scorso 14 gennaio, nel corso dell’audizione di Gabriele Esposito, in rappresentanza di Federfiori-Confcommercio, sono state poste all’attenzione della Commissione molte tematiche di non secondaria importanza.

Mancanza di controlli fitosanitari sui fiori recisi e di certificazioni

Di seguito riportiamo alcune dichiarazioni di Federfiori, ma potete ascoltare l’intervento integrale nel video in fondo alla notizia.

“La qualità del prodotto è garanzia del consumatore ma soprattutto degli operatori – ha spiegato Gabriele Esposito -. (…) Nel solo mercato di Castellamare di Stabbia si trattano fiori e piante per circa 50.000 euro al giorno, ma questo è un dato che sfugge perché il sommerso è notevole. Questi prodotti, quando sono di provenienza italiana, non hanno allo stato nessuna certificazione di qualità: non c’è certificazione per la misura, non c’è certificazione per la qualità fitosanitaria, non c’è certificazione di qualità assoluta. Per questo si parla di contrazione del settore. (…) Quando parliamo di grandi allestimenti di fiori, il settore preferisce comprare in Olanda. Per due motivi: perché c’è una standardizzazione accertata del prodotto e perché c’è una grande qualità del prodotto. Che può essere commercializzata di nuovo in maniera efficace. Inoltre in Olanda c’è un grande centro di raccolta (…) e possiamo ottenere delle grandi quantità di prodotto standardizzato. I grandi allestimenti necessitano di materiale standardizzato e uniforme in grande quantità. In Italia, chiunque può provare a chiedere a un grossista o un commerciante 50.000 rose bianche in un certo periodo e può star certo che non troverà la stessa offerta e lo stesso quantitativo che otterrebbe se chiamasse un importatore. Questo è un grosso problema per chi fa questo lavoro”.

“Un problema che ci attanaglia come operatori è la certificazione fitosanitaria – prosegue Gabriele Esposito -. Per la frutta e la verdura solitamente quando (…) il prodotto viene immesso sul mercato si richiede che ci sia un periodo di carenza dall’ultimo trattamento fitosanitario. (…) Tenete presente che l’Olanda (…) ha serre in Kenya, di produttori olandesi e belgi, che fanno milioni di pezzi di prodotto dove vengono disattese le più normali norme di trattamento fitosanitario. Insetticidi di prima classe per la cura di alcuni parassiti, come la mosca africana, il tripide o quant’altro, vengono spruzzati fino a tre ore prima della raccolta. Questo significa che il giorno dopo sono tra le mani di un povero fioraio che riutilizza il fiore. Questo è un fatto importante. Importante perché noi abbiamo nella nostra categoria moltissime persone che hanno problemi di salute alle mani, hanno problemi di allergie notevoli per tutto questo. Quindi la certificazione fitosanitaria è un altro passaggio che a mio avviso mi sembra importante da osservare”.

Centri giardinaggio: sì ma solo di grandi dimensioni

L’intervento di Federfiori-Confcommercio si è concluso con un colpo basso ai danni dei centri giardinaggio, che il Disegno di Legge Luini ha ben inquadrato nell’articolo 11, che recita testualmente: I centri per il giardinaggio sono aziende agricole che forniscono beni e servizi connessi all’attività agricola, dotate di punto vendita, che operano nel settore specializzato del giardinaggio e dell’orto-florovivaismo, impegnate in attività di produzione e di vendita organizzata al dettaglio. Sono luoghi aperti al pubblico, normalmente dotati di serre e di vivai, predisposti per la produzione e per la vendita di un’elevata varietà di piante e di fiori, alle quali è affiancata un’offerta di prodotti connessi, complementari e strumentali al settore” (comma 1). “Al fine di favorire l’armonizzazione, a livello nazionale, delle normative regionali vigenti relative ai centri per il giardinaggio, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è adottato un regolamento per l’attuazione del comma 1” (comma 2).

Benché nel tavolo tecnico dedicato al florovivaismo, istituito presso il Ministero delle politiche agricole e partecipato dalle principali associazioni di categoria del settore, si faccia spesso riferimento alla necessità di fare squadra e di lavorare in sinergia, non mancano gli attacchi alla nuova figura del “centro di giardinaggio”. E non è la prima volta.

“L’articolo 11, dando una buona definizione di quelli che sono i centri di giardinaggio, manca di una attenzione a un particolare: il centro di giardinaggio deve avere una dimensione minima – conclude Gabriele Esposito -. Perché un’azienda agricola sia un centro di giardinaggio c’è bisogno che quell’imprenditore agricolo abbia una dimensione in termini di metri quadrati di attività notevolmente ampia. Altrimenti rischiamo che diventino imprenditori agricoli e centri di giardinaggio dei mini-locali che, anche se fanno commercio al minuto, diventano poi agevolati dall’ottenere una veste di imprenditore agricolo. E questo mi sembra oltremodo scorretto”.

www.federfiori.it

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