Come procede il Disegno di legge sul florovivaismo

Investimenti per analisi di mercato, concorsi, ricerca scientifica e promozione: il Disegno di legge sul florovivaismo porta investimenti e un modo organico e onnicomprensivo di concepire la filiera. Dopo l’approvazione alla Camera, il 2 marzo sono iniziate le consultazioni delle parti sociali al Senato. Si sono già espresse 46 aggregazioni: ecco le loro dichiarazioni.

Sta per giungere alla conclusione del suo iter legislativo il Disegno di legge sul florovivaismo “Disciplina del settore florovi­vaistico” destinato a mettere ordine e quindi a rivoluzionare il “mercato del verde” italiano. Tradizionalmen­te disorganizzato e sottovalutato: la “Cenerentola dell’agricoltura”. Una definizione, quest’ultima, che non è mia ma del senatore La Pietra, rela­tore del Ddl in Senato, che il 2 marzo all’apertura dei lavori ha dichiarato: “È un documento che dà dignità al settore del florovivaismo. Una legge quadro che porterà il florovivaismo a non essere sempre la Cenerentola. È già uscito dalla Camera un buon testo: in Senato possiamo migliorar­lo in alcuni punti e aggiungere alcu­ne cose che mancano”.

L’iter legislativo del Disegno di legge sul florovivaismo

Dopo una lunghissima discussione nella Commissione Agricoltura della Camera (15 mesi: dal giugno 2019 al settembre 2020), il Disegno di legge sul florovivaismo (con sigla Ac1824) è stato approvato il 4 no­vembre 2020 alla Camera dei Depu­tati, con un’ampia e trasversale mag­gioranza. A quel punto sono iniziati i lavori della Commissione Agricoltura del Senato (con sigla S2009), che sono ancora in corso mentre stiamo scrivendo (21 giugno 2021) ma sia­mo ormai agli sgoccioli.

Una volta finiti i lavori del Senato, si aprirà una fase emendativa e le conseguenti discussioni, prima in Commissione e poi in Senato. Ci sono ancora alcuni passi da com­piere, ma i lavori nella Commissione Agricoltura del Senato hanno proprio l’obiettivo di ascoltare le “parti so­ciali” per perfezionare ed eventual­mente modificare il testo. Dunque è un momento importante per definire il Piano che verrà.

Se vi sembrano pochi 46 or­ganismi di riferimento…

Dal 2 marzo la 9° Commissione per­manente Agricoltura del Senato ha iniziato il dialogo con i rappresentan­ti delle “parti sociali” e sino ad oggi (21 giugno) sono stati già 46 i diver­si “organismi” che hanno espresso la propria opinione nel corso delle varie audizioni. Già questo numero, destinato a salire, la dice lunga sulla difficoltà di “inquadrare” il mercato florovivaistico e la sua filiera.

Disegno di legge sul florovivaismo

Scorrendo l’elenco (vedere box qui accanto) troviamo infatti professio­ni molto differenti fra loro: vivaista, garden center, giardiniere, agrono­mo, paesaggista, ecc. Non solo: poche sono le associazioni nazionali mentre c’è una ricca segmentazio­ne geografica con la presenza di molti interessi “locali”, anzi “distret­tuali”, da tutelare.

Le audizioni con le parti sociali sono “informali” ma videoregistrate e disponibili nel sito del Senato: le abbiamo viste tutte e possiamo ri­assumere le richieste espresse dal settore per migliorare il Ddl S2009. Dobbiamo però evidenziare, fin da subito, una generalizzata tendenza a tutelare gli interessi di parte e a escludere gli altri, anziché lavorare insieme per costruire una vera filie­ra del verde italiano, che è uno degli obiettivi del Disegno di legge sul florovivaismo. Agricoltori contro rivenditori, giardinieri contro flori­coltori, floral designer contro vivai­sti, periti contro artigiani e un po’ tutti contro i centri giardinaggio. Si poteva fare meglio.

Ma analizziamo, articolo per articolo, quali sono le criticità della Disciplina del settore florovivaistico che pre­sto diventerà legge e come si sono espressi i nostri rappresentanti.

Disciplina del settore floro­vivaistico

Va detto subito, a fronte dei miglio­ramenti che vedremo tra poco, che il Ddl Disciplina del settore florovivai­stico è già oggi un ottimo documen­to e rappresenta un passo avanti importante per il mercato italiano del verde. Da questo punto di vista sarebbe bene velocizzarne l’entrata in vigore in via definitiva, anziché soffermarsi sulle virgole. Non si tratta soltanto di linee di indirizzo generali ma si prefigge di organizza­re la filiera in modo coordinato per permettere lo sviluppo del mercato interno e contiene progetti di svi­luppo, allocando specifiche risorse economiche. Una generosità a cui il florovivaismo italiano non era certo abituato.

Le principali innovazioni che il Ddl S2009 introdurrà sono:

  • l’istituzione presso il Ministero del­le politiche agricole di un Ufficio dedicato alla filiera florovivaistica (art.7), di un Tavolo tecnico del settore florovivaistico (art 6) e di un Piano Nazionale del Settore Florovivaistico (art.9);
  • finanziamenti per la ricerca: 1 mi­lione all’anno (art.9);
  • finanziamenti per la promozione: 1 milione all’anno (art.11);
  • creazione di concorsi di idee e pre­mi per imprese e studenti (art.2);
  • sviluppo di marchi di qualità per certificare prodotti e processi (art.10);
  • creazione di piattaforme logisti­che (art.3) e assistenza all’impor­tazione e all’esportazione;
  • promozione di ricerche di merca­to, istituendo un “Osservatorio per i dati statistici ed economici del florovivaismo” e un “Osserva­torio del vivaismo” (art.6);
  • stimolo e disciplina dei distretti florovivaistici (art.5);
  • disciplina dell’attività di manuten­zione del verde (art.14);
  • ultimo – ma non per importanza – disciplina dell’attività dei centri giardinaggio (art.13).

Non poco, specie se consideriamo le opportunità del Recovery Fund e le priorità già definite dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) entrambi orientati verso una “transizione ecologica” e una “rivo­luzione verde”, in cui le piante e il verde vivo sono protagonisti princi­pali. Il verde come soluzione alle emergenze sanitarie, climatiche e ambientali: per ridurre la CO2, l’in­quinamento e le temperature nelle grandi città.

Art.1 del Disegno di legge sul florovivaismo: definizione del settore e della filiera

L’articolo 1 del Disegno di legge sul florovivaismo definisce il settore floro­vivaistico e lo divide in 5 comparti:

  1. floricoltura: fiori freschi recisi o fiori secchi, foglie e fronde recise, piante in vaso da interno, da fiore e da foglia;
  2. produzione degli organi di propa­gazione gamica (semi o sementi) o agamica (bulbi, tuberi, rizomi, talee, marze e altro materiale di propaga­zione vegetativa da vivo e da vitro);
  3. vivaismo ornamentale: piante inte­re da esterno in vaso o in piena terra;
  4. vivaismo frutticolo anche orna­mentale: produzione di piante, parti di piante, semi e altro materiale di moltiplicazione, in vaso o in piena terra;
  5. vivaismo forestale: piante e semi forestali e da bosco.

Per questa prima suddivisione è sta­ta suggerita da più parti la creazione di un 6° comparto dedicato all’Or­ticoltura e arboricoltura (viticolo, olivicolo, ecc.). Lo hanno proposto Assofloro, il Distretto Agrumi di Sicilia e il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’econo­mia agraria (Crea). L’Associazione Italiana Giardinieri Professionisti (Aigp) ha invece proposto di cambia­re il nome in “Filiera del verde e del paesaggio”.

Inoltre l’articolo 1 al comma 4 indi­vidua come parti della filiera floro­vivaistica due comparti di imprese: La prima comprende i costitutori e moltiplicatori di materiali di produ­zione (talee, vasi, terricci, fertilizzan­ti, ecc.), la seconda i grossisti e gli intermediari, suddivisi a loro volta in 9 categorie:

  1. mercati pubblici e privati;
  2. progettisti del verde;
  3. giardinieri, arboricoltori e manu­tentori del verde;
  4. fioristi e fiorai;
  5. punti di vendita e spacci aziendali;
  6. centri per il giardinaggio;
  7. grande distribuzione organizzata e distribuzione organizzata, compre­si i centri bricolage;
  8. ambulanti e chioschi;
  9. rivenditori e impiantisti.

Una visione un po’ ampia della fi­liera, dal vivaista esportatore alla Gdo, che alcune associazioni hanno rimarcato.

Prima fra tutti Assofloro, che nel­la sua memoria ha precisato: “Il comma 4 desta molte perplessità in quanto la definizione di filiera flo­rovivaistica appare troppo estesa e onnicomprensiva. Con il termine filiera si intende, sul piano econo­mico, l’insieme delle aziende che concorrono alla catena di fornitura di un dato prodotto. Volendo mu­tuare, per analogia, la definizione di filiera agroalimentare applicandola al settore florovivaistico, si dovreb­be intendere l’insieme degli agenti che direttamente o indirettamente operano lungo tutto l’itinerario eco­nomico di una pianta dallo stadio iniziale della produzione a quello finale dell’utilizzazione. Non si ritie­ne, pertanto, che la disposizione di cui all’articolo 1, di natura descritti­vo-ricognitiva, debba includere sog­getti quali le industrie che costrui­scono apprestamenti di protezione, locali condizionati, impiantistica e macchinari specializzati di vario genere, le industrie che producono materiali per il confezionamento, carta, tessuti, materiali inerti e si­mili oppure gli impiantisti in quanto non strettamente parte del settore florovivaistico, così come soggetti che non sono qualificabili come im­prese quali coloro che svolgono at­tività consulenziale e di assistenza tecnica e i progettisti del verde. Una definizione così estesa, in caso di finanziamenti di progetti atti a supportare lo sviluppo della filiera florovivaistica, rischia di vedere beneficiare di aiuti soggetti diversi dalle imprese florovivaistiche che dovrebbero rimanere le principali destinatarie degli interventi”.

Anche l’Associazione Vivaisti Italia­ni, il Collegio Nazionale Agrotecnici e Agrotecnici Laureati, il Consiglio Nazionale Agronomi e Dottori Fore­stali hanno chiesto di affermare la centralità delle aziende agricole nel­la legge.

Di diverso avviso è Assofioristi Con­fesercenti, che anzi reclama una maggiore rappresentanza del mondo del commercio, finora poco rappre­sentato nei Tavoli istituzionali del florovivaismo poiché inserito nel set­tore agroalimentare.

Per l’Associazione Floricoltori e Fio­risti Italiani (Affi) l’impianto della legge è troppo spostato sul vivaismo e parla poco di “floro”. Insieme ad Assofioristi Confesercenti sugge­risce l’introduzione nella filiera dei “flower designer”.

Articolo 2 del Disegno di legge sul florovivaismo: concorsi e premi

L’articolo 2 bandisce “concorsi di idee destinati alle aziende e ai gio­vani diplomati in discipline attinenti al florovivaismo, per l’ideazione e la realizzazione di prodotti tecnologici volti allo sviluppo della produzione florovivaistica ecosostenibile e isti­tuisce premi per la realizzazione di pareti vegetali urbane volte a rea­lizzare interventi ecosostenibili o di miglioramento estetico dei luoghi nonché a creare aree d’ombra con finalità di contenimento della spesa energetica”.

Tra i miglioramenti proposti dalle associazioni, segnaliamo quella di Anve (Associazione Nazionale Vivai­sti Esportatori) che suggerisce di to­gliere il limite delle “pareti vegetali” e aprire i premi a qualsiasi tipo di progettazione del verde per contene­re la spesa energetica.

Allo stesso modo, il Collegio Nazio­nale Agrotecnici e Agrotecnici lau­reati e il Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari laureati hanno proposto di aprire i concorsi anche ai giovani diplomati, non solo ai laureati quindi. Il Distretto Agrumi di Sicilia ha invece proposto di ampliare la partecipazione ai consorzi anche ai “neolaureati, gli stagisti e gli impren­ditori under 40 oltre ai diplomati”.

Il Distretto florovivaistico Alto Lom­bardo invece ha chiesto la soppres­sione dell’articolo, poiché non viene ritenuto “congruente con lo spirito e il contenuto della legge – spiega la memoria ufficiale -, che si rivolge al florovivaismo professionale”.

Articolo 3: piattaforme logi­stiche ed edicole

L’articolo 3 del Disegno di legge sul florovivaismo ipotizza, nell’ambito del Piano Nazionale del Settore Florovi­vaistico, l’individuazione e sviluppo di “una o più piattaforme logistiche (…) per le aree nord, centro, sud e, distintamente, per le isole maggiori e le zone svantaggiate del territo­rio, nonché dei mercati all’ingrosso di snodo, e i collegamenti infrastrut­turali tra gli stessi”.

La creazione di nuove “piattaforme” appare irrealizzabile e hanno propo­sto l’abrogazione di questo articolo Assofloro, l’Associazione Vivaisti Italiani, Asproflor, il Distretto floro­vivaistico Alto Lombardo e il Merca­to dei Fiori di Ercolano.

Il mercato non parte da zero: le pro­duzioni italiane sono già presenti nei mercati internazionali e quindi c’è già una organizzazione che andreb­be migliorata, senza partire da zero.

Il comma 2 dell’art.3 invece offre a Regioni e Province autonome la pos­sibilità di semplificare le procedure per “il mutamento della destinazione d’uso di manufatti quali i chioschi su strada per l’esercizio delle attività di rivendita di giornali e riviste, di som­ministrazione di alimenti e bevande e di rivendita di souvenir, al fine del­la loro trasformazione in rivendite di fiori e piante”, dando loro come termine “180 giorni dalla data di en­trata in vigore della presente legge”.

Un provvedimento ben accolto da Asproflor, Assofioristi Confesercen­ti e dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), che ha suggerito lo sviluppo di distributori self service di fiori.

Articolo 4: attività agricola florovivaistica

L’art 4 del Disegno di legge sul florovivaismo ricorda che l’attività agricola è riconducibile all’articolo 2135 del Codice Civile e al decreto legislativo nr 99 del 29 marzo 2004.

Ma nel 2° comma dice che “per atti­vità agricola florovivaistica si intende l’attività diretta alla produzione o alla manipolazione del vegetale non­ché alla sua commercializzazione, ove quest’ultima risulti connessa alle precedenti”.

Per molte associazioni il concetto di “manipolazione” può nascondere at­tività che agricole non sono. E l’uso della congiunzione “o” tra produzio­ne e manipolazione non è piaciuto. “La congiunzione “o” deve essere sostituita con la congiunzione “e” – spiega la nota ufficiale di Assofloro perché l’attività agricola secondo l’art.2135 del Codice Civile è atti­vità essenziale e primaria e la ma­nipolazione può essere solo secon­daria e collaterale alla prima e non sostituirla”.

Hanno segnalato le stesse perples­sità anche Asproflor e Filiera Floro­vivaistica del Lazio. Il Collegio Na­zionale Agrotecnici e Agrotecnici laureati ha ricordato che la “mani­polazione di tipo agricolo” prevede la permanenza delle piante in vivaio per una stagione vegetativa non inferiore a 6 mesi e per le piante stagionali da fiore per un periodo non inferiore al 50% dell’intero ciclo produttivo.

Va però precisato che è stato ampia­mente spiegato in Commissione che l’art.4 ha una natura meramente ri­cognitiva e non innovativa: quindi val­gono le regole già in vigore per quanto riguarda il regime fiscale sul reddito di impresa nel settore agricolo.

Il comma 5 dell’art.4 incarica inve­ce il Ministero delle politiche agrico­le in concerto con il Ministro dello sviluppo economico di definire e armonizzare a livello nazionale gli aspetti tecnici generali che disci­plinano l’insediamento delle strut­ture di protezione, indispensabili per l’esercizio delle attività agricole, nonché le principali figure profes­sionali che operano nel settore, in particolare nell’ambito della produ­zione, della manutenzione e della commercializzazione”.

L’armonizzazione delle normative per l’insediamento di strutture di protezione e la costruzione di serre è oltremodo utile, visto che oggi ci sono differenze regionali ma anche tra comuni. Le associazioni hanno suggerito il coinvolgimento di altri ministeri, del Servizio Fitosanitario Nazionale e degli Osservatori delle malattie delle piante.

Articolo 5 del Disegno di legge sul florovivaismo: i distretti

L’art.5 si propone di identificare e sviluppare i distretti florovivaistici. L’idea è di identificare realtà signifi­cative per la conoscenza o il prodot­to lordo venduto. L’articolo sembra troppo generico e si teme la crea­zione di distretti troppo numerosi o poco rappresentativi.

Articolo 6: il Tavolo Tecnico del Settore Florovivaistico

L’articolo 6 elenca i tanti obiettivi del Tavolo Tecnico del Settore Flo­rovivaistico, che avrà il compito di governare questo cambiamento e orientare i tanti investimenti pubbli­ci. Il nuovo “Tavolo Tecnico” andrà a sostituire quello già attivo e isti­tuito con decreto del Ministro delle politiche forestali (nr 18.353 del 14 dicembre 2012, comma 4, lettera h).

Al comma 4 dell’art.6 c’è un elenco di 41 (!) partecipanti di diritto cui si possono aggiungere, come osser­vatori, i rappresentanti di: consorzi, mercati, distretti, sindacati dei lavo­ratori, Agea (Agenzia per le erogazio­ni in agricoltura), Ismea, Istat, Crea, Cnr, Enea, Società di ortoflorofrutti­coltura italiana e università.

I 41 effettivi sono così ripartiti: Mi­nistero politiche agricole (4), uno dei quali con funzioni di presidente; Ministero della salute (2); Ministero dello sviluppo economico (1); Mini­stero dell’ambiente (1); Ministero dell’economia (2); Regioni e Pro­vince autonome (2); Organizzazioni professionali agricole (5); Associa­zioni del settore florovivaistico (12); Cooperazione (2); Mercati generali all’ingrosso e Associazioni di cate­goria del commercio e della grande distribuzione organizzata (6); Collegi e Ordini professionali (4).

Sembra impossibile che un “Tavolo” con 41 “teste” potrà prendere velo­cemente delle decisioni, soprattutto se si considera che i rappresentanti operano in contesti molto differen­ti fra loro e talvolta con interessi conflittuali.

La presenza di sole 12 associazio­ni di categoria limita poi fortemen­te l’accesso a molte realtà. Inoltre quale sarà il criterio di scelta? Il numero dei soci? Le associazioni nazionali avranno la precedenza su quelle regionali o provinciali? Duran­te le audizioni tutte le associazioni hanno espresso proposte per tute­lare i propri soci.

Assofloro ha proposto di ridurre da 12 a 6 le associazioni di categoria purché si tratti di associazioni “di rilevanza nazionale comprovata”. Anve suggerisce di non limitarsi alla questione numerica ma di adottare metodi di selezione più qualitativi. Il Distretto florovivaistico Alto Lom­bardo chiede che i distretti non siano considerati solo come “uditori”. As­sofioristi Confesercenti vorrebbe 2 rappresentanti del commercio. Flor­veneto invece propone di invitare al Tavolo anche il Servizio Fitosanitario Nazionale e di adottare una turnazio­ne tra le associazioni regionali, per permettere a tutti di esprimere il pro­prio territorio.

Con ogni probabilità la composizio­ne del Tavolo Tecnico del Settore Florovivaistico verrà rimodulata con un numero massimo di 12-15 membri. Parallelamente verranno costituiti dei “sotto-tavoli” più ver­ticali per analizzare le tematiche specifiche in modo tempestivo e competente. Per esempio il sotto-tavolo vivaismo e il sotto-tavolo flo­ricoltura che potranno essere aperti anche dalle associazioni territoriali coinvolte.

Articolo 8: Organo di coor­dinamento permanente

L’art.8 istituisce presso il Ministero delle politiche agricole un “Organo permanente di coordinamento, in­dirizzo e orientamento per il florovi­vaismo e la green economy”. C’è il piccolo problema che l’Organo di controllo e orientamento è compo­sto solo da rappresentanti del go­verno: del Ministero delle politiche agricole, del Ministero dell’ambien­te, del Ministero della salute, del Ministero dell’economia e delle fi­nanze e del Ministero dello sviluppo economico.

Una mancanza sottolineata da As­sofloro, Anve e Filiera Florovivaisti­ca del Lazio.

Va anche detto, a proposito di gre­en economy, che nel Ddl mancano sufficienti riferimenti ai temi legati all’energia e ai possibili investimen­ti grazie al Recovery Fund. In Italia ci sono centinaia di serre legate a un vecchio sistema energetico che potrebbero fare un salto di qualità ottenendo un vantaggio in termini di emissioni, economia circolare e green economy.

Articolo 9: Piano nazionale del settore florovivaistico

Tra le attività del Piano nazionale del settore florovivaistico manca attenzione verso gli organismi pa­togeni alieni e l’uso di pesticidi vietati in Europa. Il Consorzio Fiori Tipici del Lago Maggiore ha propo­sto di introdurre forme di sostegno collettivo nel Piano nazionale del settore florovivaistico per aiutare i manutentori e i centri giardinaggio costretti a maneggiare fiori importa­ti, spesso da paesi in cui c’è un non controllato uso dei pesticidi.

Anche la Società Consortile Agri­cola La Mediterranea Acate ha pro­posto un disciplinare a tutela della produzione italiana sui prodotti in arrivo dall’estero. Praticamente si chiedono le stesse regole a cui si sottopongono i produttori italiani.

Articolo 13: centri per il giar­dinaggio

L’art.13 del Disegno di legge sul florovivaismo riconosce la qualifica di azienda agricola ai centri per il giar­dinaggio che possiedono i requisiti dell’art.2135 del Codice Civile. Ma soprattutto (comma 2) incarica il Mi­nistero delle politiche agricole (en­tro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge) di adottare regolamenti per favorire l’armonizzazione, a li­vello nazionale, delle normative re­gionali vigenti relative ai centri per il giardinaggio.

Un passo avanti apprezzato da Flor­veneto: “I centri per il giardinaggio sono una realtà che di fatto rap­presenta l’evoluzione di quelle che erano alla fine del secolo scorso le aziende florovivaistiche con vendita al dettaglio. È opportuno valorizza­re queste realtà che a oggi rappre­sentano il luogo per eccellenza di promozione del verde di qualità, in tutte le sue forme. È opportu­no ricordare infatti che se c’è un luogo in cui la fase produttiva può coesistere con la fase espositiva e commerciale, questo è proprio il centro per il giardinaggio. (…) Infine è il centro per il giardinaggio il luogo di riferimento per chiunque desideri abbellire e ornare la propria abita­zione con piante e fiori, realizzan­do così positive ricadute, di natura tecnica ed economica, su tutta la filiera”.

Asproflor esprime apprezzamento per l’adozione di regole uguali a li­vello nazionale.

Lanciano invece un campanello d’allarme Assofloro, che ha propo­sto una modifica dell’art.13 in sen­so limitativo, il Collegio Nazionale Agrotecnici e Agrotecnici laureati e il Consiglio Nazionale Agronomi e Dottori Forestali (Conaf), che ri­chiamano il rispetto dell’art.2135 e l’Associazione Floricoltori e Fioristi italiani della Coldiretti (Affi); dietro i centri giardinaggio si potrebbero celare attività non agricole: “la no­stra non è una critica, ma è un cam­panello d’allarme per non far entra­re in un articolato di legge attività che non hanno produzione ma che hanno solo commercializzazione”.

Articolo 14: il manutentore del verde

L’art.14 introduce l’esercizio dell’at­tività di manutentore del verde e in­carica il Ministero di porre in essere un regolamento.

L’Associazione Nazionale Profes­sionisti del Verde (Aipv) “ritiene doveroso rafforzare il concetto di necessarie competenze che la figura del manutentore del verde (…) deve avere attraverso la promozione del sistema delle certificazioni volon­tarie che devono trovare una pre­mialità e un riconoscimento per chi decide di intraprendere un percorso di valorizzazione del lavoro e della formazione. Auspichiamo, inoltre, un sostanziale aumento del monte ore previsto per la formazione di base che inquadra la figura professiona­le del manutentore del verde dalle attuali 180 ore ad almeno un per­corso di lunga durata (600-800 ore comprensive di idoneo tirocinio e apprendistato)”.

Articolo 16: partecipazione dei cittadini alla cura del verde urbano

Sul tema della partecipazione dei cittadini alla cura del verde urbano abbiamo assistito a una levata di scudi da parte di un po’ tutte le asso­ciazioni. Il Ddl recita infatti all’art.16 che “I Comuni possono adottare misure volte a favorire la partecipa­zione volontaria di associazioni di cittadini alla cura del verde urbano o rurale, su loro specifica istanza”.

Ma come? Nell’articolo 14 si chie­dono restrizioni e professionalità per affrontare la qualifica di manu­tentore del verde e poi all’art.16 si introduce il concetto che chiunque se ne possa occupare?

C’è un evidente problema di qualità del lavoro svolto, ma senza dimen­ticare il fatturato perso per i giar­dinieri professionisti a cui le am­ministrazioni pubbliche, per prime, dovrebbero rivolgersi.

L’Associazione Nazionale Profes­sionisti del Verde (Aipv) ha sugge­rito di “specificare che le cure e le manutenzioni del verde in generale, e a maggior ragione quelle dedica­te agli alberi, siano affidate ai soli professionisti abilitati, evitando la confusione generata dall’articolo in questione. Infatti, non è ammis­sibile che i comuni e gli enti locali possano semplificare le disposizioni che consentono di intervenire nelle attività di manutenzione, deprezzan­do il lavoro delle aziende e dei pro­fessionisti della filiera. A tal fine, si propone di precisare che la co­struzione, le cure e le manutenzioni del verde in generale e degli alberi in particolare dovranno essere affi­date ai soli professionisti abilitati secondo normativa. Inoltre, i co­muni possono prevedere il coinvol­gimento e la collaborazione della cittadinanza attiva in forma singola o associata nella cura del decoro ur­bano attraverso corretta e puntuale comunicazione rispetto alle politi­che locali del verde pubblico, la ste­sura di specifiche convenzioni per l’adozione di aree verdi, l’attivazio­ne di sportelli per la segnalazione di problematiche o iniziative legate alla cura e gestione del verde urba­no, la promozione di giornate cultu­rali incentrate sui benefici del verde pubblico e privato, di iniziative locali per lo sviluppo di nuovi spazi verdi urbani, di tutela e salvaguardia degli alberi monumentali”.

Questa possibilità – spiega la nota ufficiale dell’Associazione Arbori­coltori AA – apre scenari inquietanti anche sul tema della sicurezza sul lavoro, questione prioritaria per noi di AA. Lavorare sugli alberi compor­ta rischi considerevoli che si pos­sono prevenire solo attraverso una lunga e rigorosa formazione. Anche per questo ci impegniamo da tempo per raggiungere un riconoscimento professionale e l’art.16 così conce­pito rischia di azzerare i passi da noi fin qui fatti”.

L’Associazione Floricoltori e Fiori­sti Italiani (Affi), pur giudicando me­ritorio l’articolo 16 dal punto di vista concettuale, lo giudica in antitesi con la normalizzazione dei manuten­tori del verde. Suggerisce quindi di inserire “una lista di azioni ammes­se e non lasciare la scelta ai singoli Comuni – spiega la nota ufficiale -. Andrebbero limitati gli interventi possibili alla sola pulizia dei giardini comunali e aiuole, come la raccolta delle foglie e l’estirpamento delle erbe infestanti ma non a sfalcio, po­tatura e piantumazione, in quanto azioni che richiedono competenza e professionalità come sancito da leg­ge sul manutentore del verde”.

Anche il Collegio Nazionale Agro­tecnici e Agrotecnici Laureati e il Consiglio Nazionale Agronomi e Dottori Forestali (Conaf) hanno espresso preoccupazione per le conseguenze che potrebbero deri­vare da un’applicazione incoerente dell’articolo 16.

Il Distretto florovivaistico Alto Lombardo, Assofloro e Assoverde chiedono addirittura l’abrogazione dell’art.16 poiché non ritengono che un Ddl sul florovivaismo profes­sionale sia la sede più opportuna per introdurre disposizioni relative al coinvolgimento dei cittadini nella cura del verde urbano.

Le uniche voci contrastanti sono state quelle di Asproflor e Aicg (Associazione Italiana Centri Giar­dinaggio). “Bene questo articolo in linea con ciò che avviene a livello europeo e mondiale – spiega la nota ufficiale di Asproflor -. I Comuni possono utilizzare il baratto ammi­nistrativo per mantenere il decoro urbano. Ovviamente i cittadini non possono intervenire su progettazione, potature, albe­rature e situazioni specifiche che richiedano l’intervento di un professionista. Asproflor, promuovendo presso le am­ministrazioni pubbliche il de­coro, la bellezza, la pulizia e l’ordine, sostiene e promuove l’impiego delle associazioni di cittadini, volontari e appas­sionati del verde per operazio­ni di irrigazione, mantenimen­to, promozione e divulgazione della cultura del verde e del bello”. Allo stesso modo Aicg ha segnalato l’importanza del coinvolgimento di tutta la po­polazione per la qualità del verde pubblico, purché l’ac­cesso dei privati sia guidato da professionisti e limitato a operazioni minime.

Lo stesso senatore La Pietra, relatore del Ddl in Commissio­ne al Senato, ha precisato che lo scopo del legislatore par­tiva da un presupposto diver­so. “I Comuni – ha spiegato La Pietra in Commissione – hanno zone a verde abbondonate che non riescono a manutenere per mancanza di fondi. Così come la riqualificazione delle rotonde stradali, che fanno parte del decoro urbano. Con­divido le vostre preoccupazioni secondo cui solo il manutento­re ha la giusta specializzazio­ne per poterlo fare. Bisogna coniugare le due esigenze. È chiaro che ci dovrebbero esse­re più risorse dedicate al verde pubblico e forse una modifica del codice degli appalti e dei piani dei Comuni, in cui il verde dovrebbe avere una maggiore centralità”.

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